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I primi viaggi

  • veladoriente
  • 2 gen
  • Tempo di lettura: 3 min

Già da piccolo, staccarmi da casa e dai miei genitori più che farmi paura mi provocava una sana trepidazione legata al senso di rischio ed avventura che, più tardi, mi avrebbe portato a diventare un uomo in costante scoperta.


Ricordo ancora l’emozione che provai quando a sette o otto anni (credo per separarmi dalla sorellina che aveva la pertosse): a Milano i miei mi misero sul treno con un foglio di cartone come passaporto con destinazione Basilea: lì avrei passato qualche settimana da degli zii che nemmeno conoscevo! O due anni dopo, ancora una volta solo in treno verso Crans Montana, per un corso di sci in francese… da allora i viaggi e le emozioni forti mi hanno sempre affascinato, accompagnandomi in ogni fase della vita.Tutt’ora mi piace documentarmi sulla lingua e la cultura dei posti che andrò a visitare: arte, cucina, artigianato locale, tradizioni e chi più ne ha più ne metta. Un paese nuovo per me è sensuale, inebriante come una nuova amante; la geografia come la pelle, la cucina come il profumo.


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Forse anche per questo non provai paura quando a 14 anni lasciai la famiglia a Milano per andare al liceo a Sciaffusa e 5 anni dopo a Losanna, poi Amsterdam e Londra. In quest’ultima il caso volle che, grazie alle esperienze fatte e al mio plurilinguismo, dopo un colloquio in 7 lingue (incluso l’olandese e lo Schwitzerdüütsch) con il direttore della Global of London Tours and travel, un vecchio ebreo che ne parlava 12, venni assunto come il più giovane courier per accompagnare turisti di lingua inglese in giro per l'Europa in autobus. Finalmente il lavoro perfetto per me! Tre anni dopo, alla fine di una stagione molto redditizia acquistai una Moto Guzzi Falcone e la preparai per risalire la valle del Nilo, dall'Egitto al Sudan. Doveva essere la mia prima spedizione autonoma ma ahimé, il fato non la pensò così. Sorpassando a 120 all'ora un camion appena fuori Lugano, fui sbilanciato da un colpo di vento che mi fece schiantare sull'asfalto: la moto slittò tra mille scintille davanti a me, ma riuscii ad evitare il cordolo centrale in cemento. Bucati gli stivali fino all' osso mi rialzai, e, mentre sentivo i bottoni cadermi dai pantaloni, riuscii ad evitare il camion ancora dietro di me. Ammaccato, sgraffiato ma quasi incolume - e recuperata la moto - cancellai il viaggio in Sudan e presi il treno per Parigi. Una volta lì raggiunsi una bella ragazza che, non solo mi avrebbe curato ma anche cambiato la vita: dopo due mesi in una mansarda del quartiere Latino, decidemmo di sposarci.


 A lei però non piaceva il mio lavoro errante, così una sera di dicembre decisi di chiamare mio padre con la bella richiesta (bella per lui) di tornare a lavorare nell’azienda chimica di famiglia. «Davvero?» mi rispose incredulo «va bene, ma se vuoi tornare, dovrai farlo per almeno tre anni». Mi ero accasato. Quello che però non sapevo era che da lì a tre settimane dopo il mio fidanzamento sarebbe finito, a Santo Stefano. La mia bella ci aveva ripensato, ma io avevo dato la mia parola! Due anni e mezzo dopo mio padre mi lasciò di nuovo libero. Nel frattempo mia sorella si era fidanzata con Piero, il suo istruttore di vela a Caprera e mi aveva messo un tarlo: viaggiare in barca. Così mi iscrissi anch'io al corso di vela con lei e in meno di due mesi diventai un velista!


Per migliorarmi mi aggregai a Piero e insieme navigammo dalle isole greche a Creta e poi Malta. Si la vela faceva per me, ma ben presto realizzai che i soldi messi da parte non sarebbero bastati nemmeno per un usato... Allora ripiegai sulla terra.

 

 
 
 

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